Faq

Sul posto di lavoro vengo continuamente presa in giro dalle mie colleghe perché sono lesbica, è una discriminazione?

No, è una molestia. Una discriminazione è un trattamento diverso e sfavorevole, mentre la molestia è un comportamento indesiderato. Nella discriminazione una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. Nella molestia una persona subisce comportamenti indesiderati aventi lo scopo o l’effetto di violare la sua dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.

Nel mio Comune il sindaco vorrebbe vietare il campeggio su tutto il territorio perché su un parcheggio nell’area industriale due o tre volte l’anno si fermano delle famiglie, probabilmente rom, con le roulotte per alcuni giorni. Tale divieto è una discriminazione nei confronti di queste famiglie?

Sì, può essere una discriminazione indiretta su base etnico-razziale. La legislazione contrasta sia le discriminazioni dirette che le discriminazioni indirette. La discriminazione è indiretta quando una disposizione o un atto apparentemente neutri possono mettere alcune persone in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre.

Questa mattina sono entrata in un bar con mia figlia, il barista ci ha invitate ad uscire, negandoci la consumazione, dicendoci che la sedia a rotelle di mia figlia faceva scappare i clienti. È una discriminazione?

Sì, è una discriminazione contro sua figlia. La discriminazione è diretta, come nel suo caso, quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia trattata un’altra persona in una situazione analoga. In questo caso il barista ha trattato sua figlia meno favorevolmente perché disabile. Inoltre, la legge impone agli esercizi pubblici il servizio al cliente.

Sono originario di Napoli, abito a Mantova da 30 anni e vengo insultato con l’appellativo “terrone”, è una molestia?

Sì, è una molestia, ma la legislazione italiana ancora oggi non riconosce le molestie e nemmeno le discriminazioni su base territoriale. Questo tipo di molestie sono punite solo dalla legislazione sportiva. Alcuni giudici hanno però emesso delle sentenze penali di condanna utilizzando la legge 25 giugno 1993 n. 205, estendendo l’ambito etnico-razziale a molestie come quella subita da lei.

Qual è la legislazione nell’ambito civile di riferimento per il contrasto alle molestie e alle discriminazioni?

La legislazione attualmente punisce in tutti gli ambiti le molestie e le discriminazioni su base etnico-razziale, nazionale, e per colore della pelle, ascendenza, fede e tradizione religiosa (D.lgs. 9 luglio 2003 n. 215), disabilità (legge 1 marzo 2006 n. 67) e genere (D.lgs. 11 aprile 2006 n. 198). Mentre le molestie e le discriminazioni per età, orientamento affettivo-sessuale e convinzioni personali sono punite solo nell’ambito del lavoro (D.lgs. 9 luglio 2003 n. 216).

Qual è la legislazione nell’ambito penale di riferimento per il contrasto alle molestie e alle discriminazioni?

La legge 13 ottobre 1975 n. 654 attualmente punisce chi incita a commettere o commette atti di discriminazione o atti di violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. È punito anche chi commette atti di provocazione alla violenza ed è vietata la costituzione e la partecipazione ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza.

Un ente pubblico come la Regione o il Comune può essere accusato di discriminazione?

Sì, in questo caso parliamo di discriminazione istituzionale, ovvero “il fallimento collettivo di un’organizzazione nel fornire un servizio appropriato e professionale alle persone a causa del loro colore, cultura o origine etnica. Può osservarsi e verificarsi in processi, comportamenti o attitudini che rientrano nella discriminazione attraverso il pregiudizio, l’ignoranza, l’uso di stereotipi razziali che creano svantaggio alle minoranze etniche.” [Rapporto MacPherson, 1999].

[https://www.gov.uk/government/publications/the-stephen-lawrence-inquiry]

Su Facebook ho letto un post che parlava di “campi nomadi” e terminava con la frase “dobbiamo riaprire i forni per i rom”, è un hate speech?

Sì, è un discorso che incita all’odio contro le persone appartenenti alla minoranza linguistica rom. Sono hate speech tutte le espressioni che diffondano, incitino, promuovano o giustifichino l’odio e l’intolleranza verso una persona, una minoranza o un gruppo e che rischino di provocare reazioni violente. La legge punisce questo reato con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro.

Quando ero alle scuole medie un mio compagno, Paolo, era preso di mira con sputi, insulti e una volta tre miei compagni lo hanno preso e lo hanno messo nel bidone dell’immondizia, è bullismo?

Sì, è bullismo perché quello che hanno fatto i tuoi compagni sono ripetuti comportamenti espressi in forma fisica, verbale e/o non verbale aventi lo scopo e l’effetto di violare la dignità di Paolo e di creare per lui un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo. L'[Italia] non ha una legislazione per punire in maniera adeguata questi comportamenti. In tutti i casi di bullismo, ma anche nei casi di singole violenze o singole molestie, è importante il ruolo delle e dei testimoni che devono sempre intervenire mettendosi a fianco della vittima e chiedendo l’intervento di un adulto.

[http://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo]

Quando faccio una segnalazione allo Sportello antidiscriminazione di Articolo 3, cosa succede?

La tua segnalazione viene analizzata entro una settimana. Se riteniamo che tu non sia stata vittima di una discriminazione, ti indirizziamo al servizio che può rispondere al tuo problema. Al contrario, se riteniamo che tu sia vittima di una presunta discriminazione o molestia viene aperto ufficialmente un caso e ti chiamiamo per approfondire l’accaduto ed acquisire tutti gli elementi utili. Contemporaneamente verifichiamo la possibilità di stabilire, fin da subito, un contatto con il soggetto responsabile della discriminazione per meglio definire quanto è successo.

In prima istanza lo Sportello, con il tuo consenso, può verificare la fattibilità di una risoluzione del caso attraverso un’azione conciliativa tra te e il soggetto che ha messo in atto la discriminazione per arrivare all’eliminazione della stessa. In caso sia impossibile la risoluzione informale, ti supporteremo nel ricorrere allo strumento giurisdizionale anche tramite uno degli Studi legali con cui collaboriamo abitualmente.

Nel caso tu voglia rimanere anonima, lo Sportello invia una lettera al soggetto responsabile della discriminazione per raccomandare la corretta osservanza della normativa in merito al principio della parità di trattamento.

In alcuni casi particolari il Consiglio direttivo di Articolo 3 ha la possibilità di adire le vie legali in maniera autonoma e diretta.

e domande principali piu’ frequenti

Che cosa vuol dire “discriminazione razziale o etnica”?
Per “Discriminazione razziale o etnica” si intende il trattamento meno favorevole, differenziato e vietato dall’ordinamento, subito da una persona rispetto ad un’altra, a causa della sua razza o origine etnica.
Si distingue in:
a) discriminazione diretta, che ricorre quando una persona, a causa della sua razza o origine etnica, è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga.
Si verifica una discriminazione diretta quando, ad esempio, un locale aperto al pubblico vieta l’accesso a persone appartenenti ad una determinata etnia.
b) discriminazione indiretta, che ricorre quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona di una determinata razza o origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
Si verifica una discriminazione indiretta quando, ad esempio, nella graduatoria di accesso ad una casa di risposo o ad un asilo si tenga conto, fra gli altri criteri di valutazione, della conoscenza della lingua e delle tradizioni del posto da parte dell’anziano o del bambino che devono essere ospitati.
E’ da qualificare come discriminazione razziale anche l’ordine di discriminare.

Che cosa è una “molestia”?
La “molestia” integra un’ipotesi di discriminazione razziale quando consiste in un comportamento indesiderato, posto in essere per motivi di razza o origine etnica, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.
Questa ipotesi di discriminazione non presuppone il confronto con il trattamento riservato ad un’altra persona.
Ricorre un caso di molestia, ad esempio, quando in un luogo pubblico o aperto al pubblico, come in un bar, qualcuno inveisce ad alta voce, lamentandosi della sgradevole presenza delle persone di colore in Italia, facendo riferimento, con parole rabbiose e sprezzanti, ad una persona di razza diversa presente nel luogo medesimo.

Che cosa è l’U.N.A.R.?
L’UNAR. è l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003 n.215 in attuazione della direttiva comunitaria n.2000/43.
L’Ufficio ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio ed in condizioni di imparzialità, l’effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull’operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni nonché di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l’origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere ed il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso (dall’ art.2 DPCM 11 dic 2003)

Come funziona questo ufficio?
L’Ufficio si articola nei seguenti servizi, costituenti unità operative di base di livello dirigenziale, con le attribuzioni per ciascuno di seguito indicate:
servizio per la tutela della parità di trattamento: gestione di un sito internet o di una linea telefonica gratuita per la raccolta delle segnalazioni in ordine a casi di discriminazione; esame ed analisi delle segnalazioni ricevute; attività istruttoria relativa all’assistenza nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi delle persone che si ritengono lese da comportamenti discriminatori; predisposizione di pareri, consulenze ed osservazioni da rendersi anche in giudizio; promozione di incontri conciliativi informali e proposta di soluzioni per la rimozione delle situazioni discriminatone; svolgimento di indagini ed inchieste finalizzate ad accertare l’esistenza di comportamenti discriminatorie nel pieno rispetto delle prerogative dell’autorità giudiziaria, anche attraverso la richiesta di informazioni e documentazione rilevante ai soggetti che ne risultino in possesso; segnalazione alle autorità competenti delle situazioni di abuso, maltrattamento o disagio riscontrate nel corso delle attività di ufficio; svolgimento di audizioni periodiche delle associazioni e degli enti di cui all’art. 6 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215; attività istruttoria relativa alla stipula di accordi o protocolli di intesa con le organizzazioni non governative senza fine di lucro e con gli enti territoriali al fine di promuovere l’adozione di azioni positive nell’ambito del settore privato-sociale e dei diversi livelli territoriali di Governo; gestione di una banca dati per il monitoraggio delle denunce e delle segnalazioni ricevute;
servizio studi, ricerche e relazioni istituzionali: promozione di studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, anche con gli analoghi organismi esteri, in collaborazione con le università, le associazioni e gli enti di cui all’art. 6 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, con le altre organizzazioni non governative senza fine di lucro e con gli istituti nazionali di rilevazione statistica; elaborazione di linee guida volte a radicare la consapevolezza dei diritti connessi all’attuazione del principio di parità, soprattutto nei settori del lavoro pubblico e privato e delle prestazioni sociali; redazione delle relazioni annuali al Parlamento ed al Presidente del Consiglio; promozione delle campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica; elaborazione di proposte di strategie di intervento volte a garantire un’effettiva integrazione sociale e la promozione dei diritti civili e politici degli stranieri; elaborazione di proposte di modifica della normativa vigente.
(dall’ art.2 DPCM 11 dic 2003)

Dove siete?
Come posso segnalare la discriminazione?
Posso prendere un appuntamento con voi?
L’ UNAR ha sede in Roma, Largo Chigi, 19 e opera presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La segnalazione di una discriminazione razziale può essere fatta:
–  telefonando al numero verde 800.90.10.10 operativo tutti i giorni dalle 8 alle 20 al quale rispondono mediatori culturali in italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, russo, rumeno, cinese mandarino
–  compilando l’apposito form sul sito www.unar.it; una volta riempiti gli appositi spazi e inviata on line la segnalazione, l’’utente verrà richiamato dagli operatori del numero verde
–  tramite le associazioni iscritte al Registro UNAR, e le reti di sportelli predisposte sul territorio da alcune Regioni (Emilia Romagna, Liguria, Piemonte) e Province (Pistoia).

Cosa succede alla mia segnalazione?
La segnalazione di una discriminazione avvia un procedimento istruttorio che può comprendere più fasi.
La segnalazione pervenuta al numero verde o inserita nello spazio del sito www.unar.it viene trasmessa agli operatori del I livello che svolgono un’istruttoria tesa a recuperare tutti gli elementi utili per poter risolvere il conflitto segnalato. Se è possibile, previo contatto con il segnalante e con il responsabile della discriminazione, giungono a risolvere e chiudere il caso.
Se gli operatori del I livello rilevano la necessità di un ulteriore e più approfondito esame istruttorio, trasmettono il fascicolo ai funzionari del II livello prospettando una o più ipotesi di soluzione del caso.
ll caso trasmesso ai funzionari dell’Ufficio (II livello) viene da loro sottoposto a un’ulteriore approfondita analisi al fine di vagliare le possibili soluzioni che vengono poi messe in atto.
Gli esiti del complesso lavoro istruttorio vengono infine comunicati al segnalante.

Cosa potete fare per il mio problema? Mi potete aiutare?
Nel caso in cui l’ufficio ritenga la segnalazione “pertinente”, cioè quando ritiene che dalla descrizione fatta dal segnalante e dalla prima istruttoria si possa ritenere che la segnalazione sia fondata e sia qualificabile come discriminazione razziale o etnica, l’UNAR, – nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria che eventualmente già si stiano occupando dello stesso caso – svolge inchieste e indagini mirate.
Pertanto, può procedere all’audizione degli interessati, all’esame tecnico del caso, alla raccolta di informazioni e documentazioni utili.
Qualora sia accertata la sussistenza di un fenomeno discriminatorio, l’Ufficio può offrire un supporto concreto alla vittima, al fine di rimuovere gli effetti pregiudizievoli:
– dando impulso ad un’attività conciliativa informale fra la vittima e l’autore della discriminazione per eliminare la situazione discriminatoria senza ricorrere allo strumento giurisdizionale;
– predisponendo una comunicazione, destinata al soggetto pubblico o privato che si assume essere autore della discriminazione, con la quale rappresentare la situazione accertata e formulare una raccomandazione sulla corretta osservanza della normativa in merito al principio della parità di trattamento;
–  offrendo alla vittima della presunta discriminazione una consulenza sugli strumenti di tutela attivabili e una indicazione sulle associazioni o enti che, svolgendo attività nel campo della lotta alle discriminazioni e della promozione della parità di trattamento, possono agire in giudizio per la tutela dei diritti lesi;
– fornendo nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi informazioni e osservazioni orali e scritte;
–  denunciando all’autorità giudiziaria competente quelle circostanze, di cui sia venuto a conoscenza, integranti gli estremi di una fattispecie penalmente rilevante.

Mi potete mettere a disposizione un avvocato?
L’UNAR non gode della legittimazione ad agire dinanzi all’autorità giudiziaria e quindi non può direttamente avviare un procedimento giudiziario a tutela del segnalante. Il segnalante può innanzitutto rivolgersi a una delle associazioni iscritte al Registro UNAR per richiedere assistenza legale in giudizio. L’Ufficio ha stipulato alcune convenzioni con associazioni di legali che possono prendersi in carico il caso e assistere in giudizio il segnalante anche soccorrendolo nelle spese. E’ previsto infine un “Fondo anticipazioni spese legali” per quelle cause che saranno ritenute di particolare impatto sociale e culturale sul fenomeno discriminatorio (strategic litigation o “cause pilota”), cioè quei procedimenti giudiziari che si prevede potranno concludersi con una sentenza tale da poter costituire un precedente significativo nel contrasto di alcuni comportamenti discriminatori più diffusi nella nostra società.

Conosco un avvocato e vorrei contattarlo ma non posso pagarlo: che fare?
Si può richiedere di essere ammessi al beneficio dell’istituto del gratuito patrocinio in forza del quale le spese legali vengono pagate dallo Stato e verificare se l’avvocato che si vuole contattare sia inserito nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato istituito presso il consiglio dell’ordine del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere la causa.
La legge (e precisamente gli articoli 74 e ss. del D.Lgs. 30 maggio 2002, n.113) garantisce il gratuito patrocinio al cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.
Non abbiente, ai fini della legge, si considera chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.296,22.
Per ogni ulteriore chiarimento in merito, è disponibile presso il consiglio dell’ordine degli avvocati un servizio di informazione e consulenza per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato e sulla difesa d’ufficio.

Ho un processo in corso da tanto tempo: potete fare qualcosa perché ottenga giustizia?
L’Ufficio non può interferire con l’azione della Magistratura. Può però attivarsi per verificare la regolarità della procedura giurisdizionale intrapresa contattando l’avvocato che sta assistendo la vittima.
Inoltre solamente quando sia stato instaurato un procedimento civile per discriminazione razziale ai sensi dell’art. 44 TU Immigrazione e art. 4 del DPR 215/03 può fornire, su istanza di parte, ai sensi dell’articolo 425 c.p.c., all’autorità giudiziaria dinanzi alla quale pende la causa, informazioni e osservazioni orali e scritte.

Ho avuto una sentenza sfavorevole: potete farmi avere giustizia?
I provvedimenti giurisdizionali possono essere impugnati esclusivamente innanzi ai giudici di secondo grado entro i termini perentori fissati dalla legge e con il patrocinio di un legale. L’UNAR, come chiarito nella FAQ n.8, non può assistere in giudizio le vittime della discriminazione.

Sono stato discriminato sul posto di lavoro. L’avvocato del sindacato ha iniziato una vertenza di lavoro ma per ora non vuole che si parli di discriminazione razziale. Va bene così?
Spesso gli avvocati preferiscono adottare strategie difensive già collaudate, riportandosi a casi già verificatisi e positivamente risolti, allo scopo di avere maggiori possibilità di successo nell’azione giudiziaria intrapresa.
Sulla bontà della scelta di non intraprendere immediatamente la via suggerita nel decreto legislativo n.215 del 2003 non è possibile esprimersi a priori, considerata la necessità di valutare la singola fattispecie ed il rilievo che in essa ha l’aspetto discriminatorio.

La discriminazione è avvenuta davanti a testimoni:
a) Devo chiedere loro se vogliono testimoniare prima di citarli?
b) Se li cito come testimoni sono poi obbligati a presentarsi davanti al giudice?
c) Se i miei compagni di lavoro testimoniano per me potrebbero avere dei problemi col datore di lavoro? Come si possono tutelare?

Le persone che devono essere chiamate come testimoni devono essere preventivamente contattate, considerate le conseguenze di carattere processuale collegate alla loro mancata comparizione in giudizio. Se, infatti, il testimone regolarmente intimato non si presenta all’udienza prestabilita, il giudice può ordinare una nuova comparizione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza o ad altra successiva e può secondo la norma anche condannarlo ad una sanzione pecuniaria. Occorre, comunque, far presente che l’ordinanza con cui si commina la sanzione pecuniaria viene solitamente revocata dal giudice nell’udienza in cui il testimone si presenta a deporre. Per la scelta degli eventuali testimoni da citare, occorre valutare, con l’ausilio dell’avvocato che assume la difesa, se ricorrono delle ipotesi in cui la persona indicata non può (ex art. 246 c.p.c.) o non deve (ex art.247 c.p.c.) o può astenersi dal testimoniare (artt.200 e 202 c.p.p.). Queste sono valutazioni necessarie per garantire una facile e regolare assunzione della prova. Chi è stato testimone in un giudizio non deve temere le eventuali reazioni del datore di lavoro perché la legge gli offre strumenti di difesa adeguati. Qualora, infatti, il datore di lavoro dovesse, per ritorsione, non più adempiere ai suoi obblighi contrattuali il lavoratore può attivare ovviamente la tutela giurisdizionale.

Cosa mi succederà a seguito di questa denuncia?
Chi decide di reagire ad una discriminazione razziale può subire delle ritorsioni da parte della persona denunciata.
Per quanto concerne il rapporto di lavoro, la giurisprudenza ha contrastato questa eventualità, adottando decisioni molto severe per il datore di lavoro che licenzi il lavoratore per ritorsione. Infatti, il licenziamento per ritorsione, “attuato cioè, come recita testualmente la Suprema Corte, a seguito di comportamenti risultati sgraditi all’imprenditore”, è stato parificato, sotto il profilo delle conseguenze, al licenziamento determinato da ragioni discriminatorie (di cui all’articolo 3 L. 11 maggio 1990, n.108).
Il lavoratore che lo subisce, pertanto, potrà ottenere dal giudice la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno, quale che sia il numero complessivo dei dipendenti occupati (cd.tutela reale).
Giova a tal proposito ricordare che il meccanismo della tutela reale (di cui all’articolo 18 della L. 20 maggio 1970, n.300) opera, invece, normalmente solo se il datore di lavoro occupa alle sue dipendenze più di 15 dipendenti o più di 5 se trattasi di imprenditore agricolo.

Cosa succederà alla persona che mi sta discriminando?
Le conseguenze per colui che ha adottato una condotta discriminatoria sono diverse in ragione del tipo di tutela che la persona discriminata sceglie di attivare.
Se il denunciante sceglie di non intraprendere la via giurisdizionale, l’UNAR potrà limitarsi a predisporre una comunicazione rivolta al soggetto pubblico o privato che si assume essere autore della discriminazione per rappresentare la situazione accertata e per formulare una raccomandazione sulla corretta osservanza della normativa in merito al principio della parità di trattamento.
L’Ufficio può anche dare impulso ad un’attività conciliativa informale, promuovendo un incontro fra l’autore e la vittima della discriminazione finalizzato alla conclusione di un accordo per rimuovere la situazione discriminatoria ed eventualmente risarcire il danno arrecato, senza ricorrere allo strumento giurisdizionale.
Se, invece, il denunciante intende adire l’autorità giudiziaria, l’autore della discriminazione potrà trovarsi coinvolto in un procedimento civile o penale.

Non voglio che il mio aggressore sia punito ma che riconosca di aver sbagliato: che fare?
In questo caso si può tentare una mediazione per una chiarificazione tra le parti ed una composizione bonaria della vicenda. Gli operatori dell’UNAR (già dal I livello) possono mettersi in contatto con il responsabile della discriminazione e prospettargli l’ipotesi di un incontro chiarificatore e conciliativo con la vittima. Se questi accetta l’UNAR, anche coinvolgendo altri soggetti sul territorio, favorisce l’organizzazione di questo evento. Tutto il procedimento è coperto da totale riservatezza. Compete solamente alla vittima e al responsabile della discriminazione sia pure con l’ausilio del mediatore dell’UNAR o dell’associazione o ente territoriale, il compito di individuare l’azione che per entrambi abbia una valenza risarcitoria e di prospettare quei futuri comportamenti da tenersi tra loro che possano evitare il ripetersi di incresciosi episodi di discriminazione.

Fra quanto tempo verrò ricontattato e quanto tempo ci vorrà per risolvere il mio problema?
Gli operatori dell’UNAR di regola ricontattano il segnalante entro una settimana dalla segnalazione ma già da subito si mettono al lavoro per acquisire i primi elementi utili alla lavorazione del caso.
Dopo il primo call back al segnalante per acquisire maggiori particolari, lo svolgimento di un’attività istruttoria esaustiva a volte può richiedere un tempo più lungo (si deve attendere risposte da soggetti pubblici o privati interpellati per informazioni). Per quanto riguarda, invece, l’attività svolta dal II livello, i tempi necessari dipendono da alcune variabili, quali la complessità del caso, lo strumento di tutela scelto, la disponibilità e la collaborazione del segnalante e del presunto autore della discriminazione.